ETICA E DEONTOLOGIA PROFESSIONALE

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Pubblico questo articolo per la sua profondità dell’argomento, ci tocca da vicino ed è bello trovare professionisti che la pensano come noi. Luciano Giacomello

Nell’arena dei dibattiti morali, ad affrontare temi etici, si corre il rischio di essere derisi. E poi, sottovoce, diciamocelo: molti pensano che sia un argomento teorico, di facciata. Ma è davvero così? Non credo.
È una scelta che richiede coraggio, perché discutere di etica è utile per costruire una base solida della coscienza. L’agire morale è un’opzione conveniente e, per quanto dirò a breve, anche piacevole.
A dirla tutta, discutere di etica è anche una decisione faticosa, un correre a perdifiato, perché ci tocca spiegare come mai la rettitudine, l’esercizio del proprio dovere, l’agire da professionisti rispettosi delle leggi e delle istituzioni, come divulgatori del senso civico e della giustizia, sia da preferire alla furfanteria.

E allora: “Perché dobbiamo essere onesti, leali e corretti?”
Se la risposta è perché lo prevede la legge e la trasgressione della norma è sanzionata, siamo fuori strada.
Le persone oneste non sono tali per timore del magistrato. Le leggi disciplinano il vivere quotidiano e ci guidano per evitare sopraffazione, ma, se noi esercitiamo la libera professione con serietà, competenza e spirito di servizio, non lo facciamo per aderire a un codice, ma perché una salda certezza interiore ci conforta.
Il rigore morale è qualcosa che comincia a formarsi sin da bambini.
È un costrutto personale, d’accordo, ma è anche una scelta: il prodotto di una volontà, di un’auto-disciplina che, come ogni altra virtù e abilità, richiede impegno, esercizio pratico.
Certo, è innegabile che si affermano pure colleghi spregiudicati, che si fanno strada sgomitando, ingannando chiunque, pur di sottrarre un cliente o un nuovo incarico, ma costoro vivono “come cani alla catena”.
Con le loro azioni essi hanno perduto la ricchezza più grande: la libertà personale.
Chi scende a compromessi, o accetta privilegi, paga l’obolo della privazione dell’indipendenza, diventa ricattabile, vive in preda a un sentimento di inadeguatezza e di smarrimento.  
È pur vero che la mediocrità morale a volte è una scorciatoia praticabile che potrebbe assicurarci di “volare” verso il successo (in un breve periodo), ma volare, come Icaro, vicini al sole, conduce inevitabilmente a una caduta disastrosa.
Ci sono alcuni colleghi, lo so, che, incapaci di assumersi le proprie responsabilità, non avvertendo il gravame della dipendenza dal cliente, operano al limite della liceità, assecondando ogni richiesta.

L’ETICA COME ANTIDOTO
 
Il vero problema etico non consiste nel sapere cosa sia giusto fare e cosa no, perché, nella gran parte dei casi, lo sappiamo bene.
È di ordine pratico e consiste nella capacità di fornire alla nostra coscienza argomenti validi per praticare il bene.
La vera domanda, quindi, non è “cosa devo fare”, ma “come devo stare” e la risposta è “devo stare bene”.
La morale è essenziale per il morale.
Con un semplice gioco di parole, potremmo affermare infatti che senza morale siamo demoralizzati.
Pensiamo alla condizione di uno studio professionale in preda alla disonestà.
Dove si lavora male, si respira diffidenza, tensione, e questo vale anche a livello personale.
Finisce che, nel grande mare della vita, distrutto il “timone della nave”, ormai in balìa del fato, si vada a sbattere sugli scogli.
La persona eticamente corretta non si perde in nefandezze e non fallisce nella navigazione.
Non dimentichiamo che la vita di ogni uomo, nel bene e nel male, è irripetibile.
Nessuno di noi in futuro avrà un’altra occasione per fare meglio e l’etica è l’antidoto più efficace per dare un virtuoso contributo sociale, una vitamina per star bene e fare del bene. In conclusione, ricordate inoltre che, come professionisti, rappresentiamo la fede pubblica e abbiamo il dovere di essere straordinariamente competenti e di non deludere e tradire chi si affida a noi.
L’agire quotidiano non solo appartiene alla nostra sfera personale, ma rappresenta un’intera categoria professionale.
Siamo obbligati a preservare e difendere la reputazione e la dignità di tutti e giammai macchiarla con atti lesivi e riprovevoli.
La gente ci esamina e giudica; le persone che lavorano con noi lo fanno quotidianamente e dobbiamo ricordare che i veri, grandi uomini conservano l’innocenza dei bambini, quei bambini che ci guardano con attenzione, anche quando diamo loro le spalle.
Antonio Di Giura – Commercialista e consulente del lavoro.
 
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